Terence
Hill: «Centinaia di attori si cambiano il nome... (continua)»
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l'intervista - Durata: 21 sec.
(Set
di "La bandera - Marcia o muori", 1977, "Stracult",
Raidue, luglio 2003)
Terence
Hill: «...Le Major company americane si sono
interessate di più negli ultimi anni ai mercati
esteri... (continua)»
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l'intervista - Durata: 20 sec.
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l'intervista - Durata: 22 sec.
(Set
di "La bandera - Marcia o muori", 1977, "Stracult",
Raidue, luglio 2003)
Terence
Hill: «...Penso che il tipo di commedia che fa
Barboni è un tipo che si può capire in tutti i
paesi... (continua)»
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l'intervista - Durata: 27 sec.
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allo speciale
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("Domenica
in", 1983, "Stracult", Raidue, luglio
2003)
Terence
Hill: «[Parla
di "Dio perdona... io no!", ndr] Il
film che era stato scritto e diretto da Giuseppe
Colizzi all'inizio aveva il titolo: "Il gatto,
il cane e la volpe", erano tre personaggi... (continua)»
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l'intervista - Durata: 21 sec.
("Domenica
in", 1994, "Stracult", Raidue, luglio
2003)
Terence
Hill: «...Noi abbiamo spesso fatto fratelli
nei film... (continua)»
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l'intervista - Durata: 32 sec.
("La
vita in diretta", Raiuno, aprile 2004)
Terence
Hill: «...Quando stavamo facendo "...Più
forte ragazzi!" in Colombia, non dormivamo la
notte per giocare a scacchi... (continua)»
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l'intervista - Durata: 45 sec.
("La
vita in diretta", Raiuno, aprile 2004)
Terence
Hill: «...Facevo nuoto nella stessa scuola di
Bud Spencer, la Lazio... (continua)»
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l'intervista - Durata: 39 sec.
("La
vita in diretta", Raiuno, aprile 2004)
Terence
Hill: «...Ho proposto ai miei co-produttori
questa iniziativa, cioè di poter far uscire questo
cd... (continua)»
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l'intervista - Durata: 1 min. 15 sec.
("La
vita in diretta", Raiuno, aprile 2004)
Terence
Hill: «Premesso che anche il mio prete-detective ha un lato
avventuroso [parla
di don Matteo, ndr], requisito indispensabile al cinema per come lo intendo io, confesso di tenere molto alla mia personale vena di follia. Professionalmente ho cominciato a tirarla fuori con Trinità, un personaggio in cui mi identificavo perché faceva cose che mi divertivano: stuzzicava il compagno, al cavallo preferiva una sorta di barella, si metteva continuamente nei guai. Fu una scommessa al buio, e il risultato
["...Continuavano a chiamarlo Trinità" figura al quinto posto nella classifica dei 50 film italiani più visti dal 1955 a oggi,
ndr] sorprese noi per primi... ...Fu un periodo spensierato, di gran divertimento e di importanza fondamentale per la carriera di alcuni attori (Giuliano Gemma, Franco Nero), oltre al sottoscritto. Un'occasione unica, che tuttavia rischiai clamorosamente di mancare perché proprio in quegli anni mi trovavo all'estero, in Germania, dov'ero "emigrato" in cerca di nuovi ruoli, stufo di essere etichettato come interprete di filmetti musicali alla
"Lazzarella". Ma dopo tre anni di sciapi western in salsa teutonica, che non portavano da nessuna parte, mentre in Italia quelli di Sergio Leone sbancavano i botteghini, pensai sconfortato: "Accidenti, ho perso il treno!". Per fortuna a salvarmi arrivò Enzo Barboni con il suo
"Trinità", che mi lanciò alla grande e a cui sarò sempre grato; ma è a Leone che devo l'incoraggiamento ad andare oltre e rischiare di più, come quando, in veste di produttore, mi chiese di dirigere
"Il mio nome è Nessuno" [poi affidato a Tonino
Valerii,
ndr] e per convincermi smontò una per una le mie paure, il mio non sentirmi all'altezza. È stato un vero amico e un uomo speciale: lo rivedo venirmi incontro, dopo una scena particolarmente forte in cui Henry Fonda affronta da solo una marea di banditi, con le lacrime agli occhi e uno sguardo da bambino felice: "Questo è il West, Terence, questo è il West!»
("Famiglia
Cristiana", n° 32 del 12 agosto 2001,
intervista di Luisa Sandrone)
Terence
Hill: «...Oggi sento il cuore diviso: perché qui sto
bene [si riferisce a Gubbio, ndr], ma amo anche
Stockbridge. Ci arrivai nel 1973, dopo aver compreso che Hollywood e le sue "leggi" non facevano per me: grazie a
"Il mio nome è Nessuno", girato al fianco di Henry Fonda, mi ritrovai a Los Angeles con un sacco di offerte di lavoro, ma in film così infarciti di violenza che non mi sentivo di accettare. Quando un potente produttore mi chiamò per il ruolo di uno stupratore, minacciando di distruggere la mia carriera in caso di rifiuto, capii che era ora di partire. A far l'attore ci tenevo, ma seguendo la mia strada. Così presi moglie e figli, caricai la station wagon e mi ritrovai in Massachusetts. Era ottobre, la stupenda "estate indiana", e Stockbridge sembrava il paradiso. Solo più tardi scoprimmo che d'inverno si gela e la vita è meno idilliaca di come ci apparve quella prima volta.»
("Famiglia
Cristiana", n° 32 del 10 agosto 2003,
intervista di Luisa Sandrone)
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